Cassazione: reato di diffamazione su facebook (2014) autore: Viviana Fiorella Liuzzi Avvocato italiano e abogado spagnolo copyright 2021 - LIUZZI e LIUZZI Studio legale e tributario Internazionale in Italia e Spagna. Avvocato, Dottore Commercialista Italia- Spagna. Avvocato Cassazionista in Italia e Abogado in Spagna dal 2006 Viviana Fiorella Liuzzi titolare dello Studio

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Cassazione: reato di diffamazione su facebook (2014) autore: Viviana Fiorella Liuzzi Avvocato italiano e abogado spagnolo copyright 2021

Cassazione, sentenza 16712/2014

<<Il reato di diffamazione su Facebook (o su altri social network) sussiste se si lede la reputazione di una persona mediante la pubblicazione di una frase offensiva nei confronti della stessa anche senza indicarne il nome quando tale persona sia in ogni caso individuabile seppur soltanto da parte di un numero limitato di persone.>>

La Corte di Cassazione, Prima Sezione penale, nella sentenza n. 16712/2014 (relativa al ricorso depositato dal Procuratore generale preso la Corte Militare di Appello, avverso l'assoluzione di un Maresciallo capo della Guardia di Finanza il quale in primo grado era stato invece condannato per il reato di pluridiffamazione aggravata perchè pubblicava sul social network " Facebook", nei dati personali del proprio profilo, una frase che offendeva un collega designato in sua sostituzione al comando della Compagnia di San Miniato ), ha confermato che “sussiste il reato di diffamazione anche nell'ipotesi in cui la frase diffamatoria sia diretta ad una persona il cui nome non viene indicato, ma che può essere facilmente individuata da un un numero limitato di persone.”

I Giudici hanno ritenuto che “ ... ai fini dell'integrazione del reato di diffamazione é sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone indipendentemente dalla indicazione nominativa (Sez. 5,n.7410 del 20/12/2010)”.

Per la Suprema Corte, “il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell'altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due. Ed ai fini di detta valutazione non può non tenersi conto dell'utilizzazione del social network – come del resto la stessa Corte di appello ha evidenziato – a nulla rilevando che non si tratti di strumento finalizzato a contatti istituzionali tra appartenenti alla Guardia di Finanza , nè la circostanza che in concreto la frase sia stata letta soltanto da una persona”

Il reato di diffamazione è regolato dall'art. 595 c.p. il quale dispone che:

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito [c.p. 598] con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032 (1) (2).

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065 (3) (4).
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [c.c. 2699] (5), la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516 (6).

Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate [c.p. 29, 64] (7) (8).

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(1) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Al reato previsto in questo comma si applica, ora, la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da dieci giorni a tre mesi, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 52, comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. (Tale disposizione si applica a decorrere dal 2 gennaio 2002, ai sensi di quanto disposto dall'art. 65 dello stesso D.Lgs. n. 274 del 2000, come modificato dall'art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163).
(2) La competenza per il delitto previsto dal presente comma è devoluta al giudice di pace, ai sensi dell'art. 15, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell'art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2000, n. 234, S.O.). Vedi, anche, gli articoli 64 e 65 dello stesso decreto.
(3) La competenza per il delitto previsto dal presente comma è devoluta al giudice di pace, ai sensi dell'art. 15, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell'art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2000, n. 234, S.O.). Vedi, anche, gli articoli 64 e 65 dello stesso decreto.
(4) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Al reato previsto in questo comma si applica, ora, la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da dieci giorni a tre mesi, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 52, comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. (Tale disposizione si applica a decorrere dal 2 gennaio 2002, ai sensi di quanto disposto dall'art. 65 dello stesso D.Lgs. n. 274 del 2000, come modificato dall'art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163).
(5) Sulla diffamazione a mezzo stampa, vedi il D.Lgs.C.P.S. 3 marzo 1947, n. 156, e l'art. 13, L. 8 febbraio 1948, n. 47. Vedi, inoltre, l'art. 11, D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni.
(6) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.
(7) La Corte costituzionale, con sentenza 4-20 gennaio 1977, n. 42 (Gazz. Uff. 26 gennaio 1977, n. 24), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento all'art. 3 Cost.
  1. Per l'aumento della pena per i delitti non colposi di cui al presente titolo commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, vedi l’art. 36, comma 1, L. 5 febbraio 1992, n. 104, come sostituito dal comma 1 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.
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